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pp0401I giubilei del ventesimo...

 

p1403pEcco il nuovo distintivo...

 

p1102pPellegrini di speranza...

 

p1102pLa tradizionale processione...

 

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Il De centesimo sive jubileo anno liber è una preziosa testimonianza del cardinale Jacopo Gaetano Stefaneschi in cui sono raccontate le vicende relative al primo Giubileo, inclusa la sua nascita. A quanto scrive lo Stefaneschi, il Giubileo iniziò dal basso e in maniera spontanea, forse da una voce, nata da un’omelia fatta nella basilica di San Pietro la mattina del 1° gennaio del 1300 sul centesimo anno e che poi si diffuse.
Questo movimento di popolo, mosso dal desiderio di perdono totale dei peccati e dalla speranza di salvezza, colse probabilmente di sorpresa lo stesso pontefice Bonifacio VIII: abile uomo di curia e canonista prudente e scrupoloso, il Papa riuscì forse a intravedere nel Giubileo lo strumento formidabile per affermare il suo progetto teocratico che in effetti si rivelò; o forse non se la sentì di deludere quelle preghiere a lui rivolte. In ogni caso Bonifacio decise di elaborare sotto forma di lettera bollata, l’Antiquorum habet fida relatio, il testo di proclamazione del Giubileo, in cui rendere chiari e lineari i termini di una materia tutto sommato nuova: la regolamentazione delle indulgenze.
L’indulgenza era un bisogno molto sentito dall’uomo medievale, che aveva una forte consapevolezza del peccato: sapeva che questo poteva essere rimesso solo da Dio nel sacramento della confessione. Rimaneva però irrisolto il problema delle pene temporali che si dovevano scontare ed iniziò così a maturare l'idea che l'autorità della Chiesa potesse accorciare questa penitenza mettendo a disposizione del peccatore la massa dei meriti della comunione dei santi. Con indulgenza si intende, infatti, la remissione delle pene che rimangono da scontare (sulla terra o in purgatorio) dopo che la colpa è stata perdonata nel sacramento della penitenza (anche se non si tratta di remissione dalle colpe). Dal momento che le indulgenze sono un dono lasciato da Cristo alla Chiesa, lei è la sola che può concederle, con il compito di continuare nella storia la redenzione avvenuta sulla croce.
Questa idea di sottrazione è probabilmente l'unico elemento in comune tra il Giubileo cristiano e quello biblico ebraico, celebrato ogni 50 anni e che prescrive la liberazione degli schiavi, che nel giubileo cristiano significa la liberazione dalla schiavitù del peccato. Proprio per l’importanza attribuita alle indulgenze, sappiamo che nell’Alto Medioevo erano concesse, parzialmente, a chi si fosse recato in pellegrinaggio in Terra Santa, a Santiago de Compostela e alla tomba di San Pietro a Roma in occasioni particolari; ma le prime indulgenze plenarie furono le cosiddette “indulgenze crociate”, concesse nella seconda

metà dell'XI secolo da Alessandro II per la lottacontro i Mori di Spagna (la Reconquista) nel 1063 e da Urbano II per la prima crociata al Concilio di Clermont nel 1095.
A queste, seguirono altre due indulgenze plenarie, precedenti diretti del Giubileo di Bonifacio VIII, perché connesse alla visita di due luoghi: il Perdono di Assisi alla Porziuncola, accordato da Onorio III a San Francesco nel1216 e la Perdonanza celestiniana alla Basilica di Collemaggio a L’Aquila, concessa da Celestino V nel 1294. Ma le esigenze spirituali degli uomini del tempo furono solo parzialmente soddisfatte da queste perdonanze, complice anche la spasmodica attesa della fine del mondo e del Giudizio finale, tipica del Tardo Medioevo e preannunciata dai Gioachimiti per i primi del1 300 o a metà del secolo, basandosi sulla tanto influente riflessione teologica di Gioacchino da Fiore.

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È così che si giunge al Giubileo di Bonifacio, che dopo aver infatti riconosciuto l'esistenza di un'antica tradizione che prometteva remissioni dei peccati a quanti visitavano la basilica di San Pietro, concesse un'indulgenza che aveva caratteristiche innovative.
Bonifacio lega, infatti, l’indulgenza non ad un'occasione particolare, ad un giorno, ad una festa o ad un luogo, come era sempre stato nel passato per le altre indulgenze plenarie, ma la lega a sé, alla figura del Papa e all'intero anno giubilare. Per comprendere questa ed altre sue scelte dobbiamo considerare l’ideale teocratico cui si è già accennato e il valore eminentemente politico che il papa attribuì al Giubileo.
Bonifacio non usa mai il termine Giubileo ed affermando che questo si ripeterà ogni 100 anni, dunque raddoppiando l'intervallo biblico di cinquant'anni, dimostra di non voler ricollegarsi alla tradizione ebraica, bensì dare vita a qualcosa di nuovo: vuole proporre una nuova periodizzazione a partire con l'anno centesimo e con il suo pontificato. Inoltre, la bolla, originariamente data in Laterano il 16 Febbraio, risulta cambiata come data in San Pietro il 22 Febbraio, festa della Cattedra di San Pietro, principe degli apostoli. Il Papa vuole legare la sua

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