a noi oggi. I discepoli che accompagnano Gesù stanno vivendo un momento
drammatico. La tempesta che sopraggiunge mentre
sono sul lago è veramente violenta e pericolosa. La
fragile barca nella quale viaggiano rischia di essere distrutta
e sommersa dalle forze tremende della natura,
dalla grande tempesta di vento e dalle onde infuriate. I discepoli
sono terrorizzati ma Gesù dorme serenamente.
Sembra essere indifferente alla loro sorte. Lo svegliano e
quasi lo rimproverano, dicendo: «Maestro, non t’importa
che siamo perduti?». Gesù si sveglia, sgrida il vento e
dice al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessa e vi è una
grande bonaccia. Capita anche nella nostra vita di dover
affrontare pericoli vari, difficoltà che sembrano insormontabili,
momenti di buio quando non vediamo più la strada
da seguire, giorni
quando ci sentiamo
scoraggiati e
abbandonati, e
abbiamo l’impressione
di non contare
più. La tentazione
è forte di
credere che Dio è
lontano, assente,
che è indifferente
alla nostra situazione . Questi sono i momenti in
cui possiamo essere
tentati di perdere
la fede. In
realtà, però, sono
i momenti in cui
Gesù ci invita a credere in modo più profondo e maturo.
Nelle nostre difficoltà, nelle nostre sofferenze, non esitiamo
a rivolgerci a lui e gridare aiuto con la schiettezza dei
discepoli: «Aiutami! Non abbandonarmi! Senza di te,
sono perduto!». Gesù ci chiede solo di credere. Quante
volte ci dice: «Non abbiate paura!»? Quante volte nel
Vangelo dice: «La tua fede ti ha salvato!»? Il Vangelo di
oggi ci invita a credere in Gesù, a credere che, essendo
vero Dio, può risolvere tutte le situazioni che sembrano
senza speranza e superare tutti i pericoli che minacciano
la nostra esistenza. Affidiamoci a Lui, oggi e in ogni giorno
della nostra vita. Egli non ci abbandonerà mai.
La seconda virtù teologale è la speranza. I nostri nuovi
Soci hanno pronunciato la loro promessa e si preparano
ad entrare in servizio proprio alla veglia dell’Anno giubilare
del 2025, che ha come motto: «Pellegrini di speranza».
L’Anno Santo ci invita ad approfondire la nostra comprensione
della speranza, di vivere sempre nella speranza e
di comunicare il messaggio della speranza anche agli
altri. |
Quante persone, infatti, hanno bisogno di sentire il
messaggio della speranza? Penso a quelli che vivono in
situazioni di guerra o di persecuzione, agli oppressi, agli emarginati, agli abbandonati, ai detenuti, ai poveri, agli
ammalati, ai migranti, ai giovani, agli anziani, a quelli che
credono che la vita non valga più la pena di essere vissuta.
Tutti aspettano un segno di speranza. La speranza alza il
nostro sguardo e orienta la nostra vita verso il suo ultimo
traguardo, che è la vita eterna. Infatti, la speranza «è la
virtù teologale per la quale desideriamo […] la vita eterna
come nostra felicità» (Catechismo della Chiesa Cattolica,
n. 1817). Grazie alla speranza, abbiamo «la certezza che
la storia dell’umanità e di ciascuno di noi non corrono verso
un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate
all’incontro con il Signore della gloria» (Papa Francesco,
Spes non confundit, n. 19). Pertanto, viviamo nell’attesa
del suo ritorno e nella speranza
di vivere sempre in Lui.
Questa è la nostra gioia e la
nostra felicità. Questa speranza
non ci distrae dalle nostre
responsabilità in questo mondo.
Al contrario, ci spinge ancor
più a diffondere i valori del
Vangelo che soli possono garantire
per tutti un futuro migliore
e una società più equa
e più giusta. Mentre ci impegniamo
in mezzo alle sfide e
alle difficoltà della vita, San
Paolo ci invita ad essere «lieti
nella speranza, costanti nella
tribolazione, perseveranti nella
preghiera» (Rm 12,12). Nel
corso dell’Anno giubilare, milioni
di visitatori raggiungeranno la città di Roma e le Basiliche
Papali per vivere questo momento speciale. Noi saremo
lì per accoglierli. Saremo lì come «artigiani dell’accoglienza
», come ci ha definiti il Santo Padre.
Dobbiamo essere anche «diffusori della speranza». Noi
per primi dobbiamo essere uomini di speranza. Abbiamo
bisogno di «abbondare nella speranza» (cfr. Rm 15,13)
per essere testimoni credibili e attraenti della fede e dell’amore
che portiamo nel cuore. La nostra fede deve essere
gioiosa, la nostra carità entusiasta. Spinti dalla speranza
che anima e orienta la nostra attività, saremo in
grado di offrire a ciascuno il dono del sorriso, «un gesto di
amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio
gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può
diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza»
(Papa Francesco, Spes non confundit, n. 18). Quanti visitatori,
quanti pellegrini conservano un bel ricordo della
loro visita alle Basiliche Papali, anche grazie al piccolo
gesto di accoglienza offerto da voi? Non sottovalutate mai
il vostro servizio; un semplice sorriso, una risposta cortese,
un gesto di amicizia può fare tutta la differenza per chi
viene solo una volta nella vita a pregare sulle tombe degli Apostoli, il cui |