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pp2002In famiglia...

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a noi oggi. I discepoli che accompagnano Gesù stanno vivendo un momento drammatico. La tempesta che sopraggiunge mentre sono sul lago è veramente violenta e pericolosa. La fragile barca nella quale viaggiano rischia di essere distrutta e sommersa dalle forze tremende della natura, dalla grande tempesta di vento e dalle onde infuriate. I discepoli sono terrorizzati ma Gesù dorme serenamente. Sembra essere indifferente alla loro sorte. Lo svegliano e quasi lo rimproverano, dicendo: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Gesù si sveglia, sgrida il vento e dice al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessa e vi è una grande bonaccia. Capita anche nella nostra vita di dover affrontare pericoli vari, difficoltà che sembrano insormontabili, momenti di buio quando non vediamo più la strada da seguire, giorni quando ci sentiamo scoraggiati e abbandonati, e abbiamo l’impressione di non contare più. La tentazione è forte di credere che Dio è lontano, assente, che è indifferente alla nostra situazione . Questi sono i momenti in cui possiamo essere tentati di perdere la fede. In realtà, però, sono i momenti in cui Gesù ci invita a credere in modo più profondo e maturo.

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Nelle nostre difficoltà, nelle nostre sofferenze, non esitiamo a rivolgerci a lui e gridare aiuto con la schiettezza dei discepoli: «Aiutami! Non abbandonarmi! Senza di te, sono perduto!». Gesù ci chiede solo di credere. Quante volte ci dice: «Non abbiate paura!»? Quante volte nel Vangelo dice: «La tua fede ti ha salvato!»? Il Vangelo di oggi ci invita a credere in Gesù, a credere che, essendo vero Dio, può risolvere tutte le situazioni che sembrano senza speranza e superare tutti i pericoli che minacciano la nostra esistenza. Affidiamoci a Lui, oggi e in ogni giorno della nostra vita. Egli non ci abbandonerà mai.
La seconda virtù teologale è la speranza. I nostri nuovi
Soci hanno pronunciato la loro promessa e si preparano ad entrare in servizio proprio alla veglia dell’Anno giubilare del 2025, che ha come motto: «Pellegrini di speranza». L’Anno Santo ci invita ad approfondire la nostra comprensione della speranza, di vivere sempre nella speranza e di comunicare il messaggio della speranza anche agli altri.

Quante persone, infatti, hanno bisogno di sentire il messaggio della speranza? Penso a quelli che vivono in situazioni di guerra o di persecuzione, agli oppressi, agli emarginati, agli abbandonati, ai detenuti, ai poveri, agli ammalati, ai migranti, ai giovani, agli anziani, a quelli che credono che la vita non valga più la pena di essere vissuta.
Tutti aspettano un segno di speranza. La speranza alza il nostro sguardo e orienta la nostra vita verso il suo ultimo traguardo, che è la vita eterna. Infatti, la speranza «è la virtù teologale per la quale desideriamo […] la vita eterna come nostra felicità» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1817). Grazie alla speranza, abbiamo «la certezza che la storia dell’umanità e di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria» (Papa Francesco, Spes non confundit, n. 19). Pertanto, viviamo nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere sempre in Lui. Questa è la nostra gioia e la nostra felicità. Questa speranza non ci distrae dalle nostre responsabilità in questo mondo. Al contrario, ci spinge ancor più a diffondere i valori del Vangelo che soli possono garantire per tutti un futuro migliore e una società più equa e più giusta. Mentre ci impegniamo in mezzo alle sfide e alle difficoltà della vita, San Paolo ci invita ad essere «lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12). Nel corso dell’Anno giubilare, milioni di visitatori raggiungeranno la città di Roma e le Basiliche Papali per vivere questo momento speciale. Noi saremo lì per accoglierli. Saremo lì come «artigiani dell’accoglienza », come ci ha definiti il Santo Padre.
Dobbiamo essere anche «diffusori della speranza». Noi per primi dobbiamo essere uomini di speranza. Abbiamo bisogno di «abbondare nella speranza» (cfr. Rm 15,13) per essere testimoni credibili e attraenti della fede e dell’amore che portiamo nel cuore. La nostra fede deve essere gioiosa, la nostra carità entusiasta. Spinti dalla speranza che anima e orienta la nostra attività, saremo in grado di offrire a ciascuno il dono del sorriso, «un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza» (Papa Francesco, Spes non confundit, n. 18). Quanti visitatori, quanti pellegrini conservano un bel ricordo della loro visita alle Basiliche Papali, anche grazie al piccolo gesto di accoglienza offerto da voi? Non sottovalutate mai il vostro servizio; un semplice sorriso, una risposta cortese, un gesto di amicizia può fare tutta la differenza per chi viene solo una volta nella vita a pregare sulle tombe degli Apostoli, il cui

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