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Il Santo Padre nella più voluminosa Enciclica Laudato Sì’ aveva già sottolineato la necessità di «riconoscere che i prodotti della tecnica non sono neutri, perché creano una trama che finisce per condizionare gli stili di vita e orientano le possibilità sociali nella direzione degli interessi di determinati gruppi di potere. Certe scelte che sembrano puramente strumentali, in realtà sono scelte attinenti al tipo di vita sociale che si intende sviluppare» (LS, 107).
Il “paradigma tecnocratico” – “tanto dannoso e distruttivo” – ha minato in maniera devastante il rapporto intercorrente tra essere umano e ambiente circostante, che alle origini era “sano e armonioso” e non v’è dubbio che il recupero di una posizione dignitosa e sostenibile per l’essere umano si può ottenere solo ricostruendo e/o riattivando delle «positive interazioni tra i sistemi naturali e i sistemi sociali» (LD, 27).
Tuttavia, merita evidenziare come, negli otto anni intercorrenti tra la Laudato Sì’ e la Laudate Deum, il paradigma tecnocratico abbia registrato un “nuovo avanzamento”: l’intelligenza artificiale e l’inarrestabile incedere delle “conquiste” della c.d. “rivoluzione digitale” si fondano sul concetto di una persona senza limiti, le cui capacità proprio grazie alle tecnologie potrebbero sembrare illimitate: «così, il paradigma tecnocratico si nutre mostruosamente di se stesso» (LD, 21). Altro profilo che il Santo Padre pone in luce riguarda il potere di condizionamento dell’informazione da parte dei detentori digrandi disponibilità finanziarie, che utilizzano le logiche del marketing per influenzare e pilotare le scelte individuali e collettive delle persone: «La decadenza etica del potere reale è mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, meccanismi utili nelle mani di chi ha maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica attraverso di essi. Con l’aiuto di questi meccanismi, quando si pensa di avviare un progetto con forte impatto ambientale ed elevati effetti inquinanti, gli abitanti della zona vengono illusi parlando del progresso» (LD, 29).
Il “paradigma tecnocratico” è un filo rosso che attraversa tutto il documento pontificio, fino all’ultimo capitolo, quando viene ribadita l’opposizione tra la fede e lo stesso paradigma che ci isola dalle realtà circostanti e ci inganna facendoci dimenticare che il mondo intero è una grande “zona di contatto”. Solo la “fede” ci può far sentire uniti alle altre creature (cfr. LD, 66): tutti gli esseri dell’universo devono considerarsi uniti da molteplici legami invisibili in modo tale da costituire una sorta di famiglia universale “che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile” (cfr. LD, 67).
È necessario mettere fine all’idea di «un essere umano, autonomo, onnipotente e illimitato» ripensando ciascuno la propria visione della vita per poter comprendere il prossimo in maniera «più umile e più ricca» (cfr. LD, 68). Il ripensamento

culturale e comportamentale si può realizzare attraverso un «percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita e che va impreziosito con il proprio contributo, perché il nostro impegno ha a che fare con la dignità personale e con i grandi valori» (LD, 69).
Nel penultimo paragrafo dell’esortazione, il Pontefice invita poi i cittadini del mondo ad impegnarsi per cambiare la cultura consumistica e lo «stile di vita irresponsabile legato al modello occidentale» cosicché, con indispensabili decisioni politiche, si possa avere un significativo impatto a lungo termine per la «cura reciproca» (cfr. LD, 72).
Nelle conclusioni, il Santo Padre ricorda che «non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone» (LD, 70).

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Da ultimo si può ricordare che le preoccupazioni di Papa Francesco – energicamente rinnovate con la Laudate Deum – sembrano raccordarsi magistralmente con quelle espresse già nel 1971 da San Paolo VI quando, parlando alla FAO, sottolineava che «la concreta attuazione di queste possibilità tecniche a un ritmo accelerato non avviene senza ripercussioni dannose sull’equilibriodel nostro ambiente naturale, e il peggioramento progressivo di ciò che si è convenuto chiamare l’“ecosistema” rischia, sotto l’effetto di contraccolpi della civiltà industriale, di condurre a una vera catastrofe ecologica. Noi vediamo già viziarsi l’aria che respiriamo, inquinarsi l’acqua che beviamo, contaminarsi le spiagge, i laghi, anche, gli oceani, sino a far temere una vera “morte biologica” in un avvenire non lontano, se non saranno coraggiosamente decise e severamente applicate, senza ritardi, energiche misure» (Paolo VI, Discorso alla FAO nel suo 25º anniversario, 1970).
È una conferma che la Chiesa coglie per tempo i segnali dei tempi che cambiano e li riversa in documenti del Magistero petrino, perché le persone di buona volontà ne possano prendere coscienza e comportarsi di conseguenza. Come ricorda Papa Francesco nella Laudate Deum, purtroppo, le persone sono troppo spesso fuorviate da una comunicazione non oggettiva e da mere operazioni di marketing sociale, che conducono gran parte dell’umanità a peggiorare la propria qualità della vita e le proprie condizioni di lavoro, insieme con il loro contesto ambientale.

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