Le Feste dell'Associazione
La Festa dell'Associazione - Cronaca
Cari fratelli e sorelle, sono lieto di presiedere questa Santa Messa, in occasione della festa dell’Associazione Santi Pietro e Paolo, che svolge un apprezzato servizio alla Santa Sede sforzandosi di essere sempre più una comunità di fede, di speranza e di carità. L’odierna celebrazione unisce nella liturgia un altro momento importante: la promessa dei nuovi Soci, al termine di un congruo tempo di formazione come Allievi. In questo contesto, vorrei ora rivolgermi a tutti voi, lasciandomi guidare dalla Parola di Dio appena proclamata.
Nella pagina evangelica troviamo la rivelazione di Gesù come Messia: una rivelazione inaspettata, perché non corrispondeva alle attese del popolo ebraico. Gesù chiede ai discepoli: «Le folle, chi dicono che io sia?» (Lc 9,18). La gente esprime pareri diversi: alcuni pensano che egli sia Giovanni Battista risorto, altri Elia o uno dei profeti. Allora Gesù rivolge la stessa domanda ai discepoli che lo conoscono intimamente e hanno potuto vedere la sua bontà nei confronti dei malati, dei peccatori e dei poveri, come pure la sua potenza manifestata nei miracoli che ha compiuto. E chiede: «Ma voi, chi dite che io sia?» (v.20).
Pietro, prendendo la parola, risponde: «Il Cristo di Dio» (ibid.), cioè il Messia inviato da Dio. Pietro riconosce in Gesù il Messia che Dio ha promesso da tanto tempo e cheera atteso con vivo desiderio da tutto il popolo ebraico. Ma Gesù ordina severamente ai discepoli di non riferire questa cosa a nessuno. Perché Gesù non vuole che la gente lo riconosca come Messia? Evidentemente perché le persone hanno idee sbagliate sul Messia: pensano che debba essere un trionfatore, uno che combatte per liberare la nazione dal dominio dei romani e vincerà con una forza straordinaria. Invece Gesù è consapevole che il Messia non avrà una sorte del genere. Sa che la sua missione non è quella di combattere, di provocare un’insurrezione, ma quella di seguire una via dolorosa; perciò dice: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (v.22).
Questa è la sorte del Messia: una sorte penosa, ma per ottenere poi una vittoria più bella di quella sognata dalla gente del tempo. Gesù sa di dover vincere il male e la morte per mezzo di una sofferenza e di una umiliazione accettate per amore, e di giungere così alla vittoria della risurrezione.
In questo modo gli apostoli vengono educati a riconoscere la vera identità del loro Maestro e Messia, che ha conseguenze sul modo di essere cristiani. Il termine “cristiani” vuol dire essere discepoli di Cristo, andare dietro a Lui, accettare di partecipare alla sua sorte. Perché Egli dice: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (v.23).
Così si diventa discepoli di Gesù: non sognando vittorie procurate con la forza, ma ottenendo vittorie sul male, sul peccato e sull’egoismo. Queste sono le vittorie che danno un autentico valore alla nostra esistenza.
Gesù dichiara: «Chi vuole salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (v.24). Da queste parole noi riceviamo una grande luce, e veniamo liberati dalle nostre illusioni. Capita spesso di farsi illusioni, di cercare le soddisfazioni materiali e il successo, pensando di trovare in essi la pienezza della vita. Gesù invece ci rivela che non è questa la strada giusta. La via da seguire per trovare la vera felicità è la via dell’amore, della donazione di sé agli altri, del sacrificio. Si tratta di pensare meno a se stessi e più agli altri, specialmente a quanti sono ai margini della società.
È quanto ci esorta incessantemente il Santo Padre Francesco, invitando a riconoscere nei fratelli più deboli il volto di Gesù. Il Papa ci ricorda questo: «Gesù è presente in tanti nostri fratelli e sorelle che oggi patiscono sofferenze come Lui: soffrono per un lavoro da schiavi, soffrono per i drammi familiari, soffrono per le malattie, soffrono a causa delle guerre e del terrorismo, a causa degli interessi che muovono le armi e le fanno colpire.
Uomini e donne ingannati, violati nella loro dignità, scartati. Gesù è in loro, in ognuno di loro, e con quel volto sfigurato, con quella voce rotta chiede – ci chiede – di essere guardato, di essere riconosciuto, di essere amato» (Omelia, Domenica delle Palme 2017).
Essere discepoli di Gesù significa aprire ogni giorno il cuore a Dio e disporci a servire i fratelli. È questa disponibilità a Dio e ai fratelli, che illumina la vita della vostra benemerita Associazione, mediante le diverse attività: culturale e di formazione cristiana, caritativa, liturgica. In questo modo, voi, come recita il vostro Statuto, rendete «una particolare testimonianza di vita cristiana, di apostolato e di fedeltà alla Sede Apostolica» (art.1), interpretando concretamente il vostro motto: «Fide constamus avita» - «Perseveriamo saldamente nella fedeltà dei nostri padri».
Cari amici, vi incoraggio a proseguire con entusiasmo e gioia il vostro servizio alla Chiesa e alla Santa Sede. A tutti voi, specialmente alle nuove leve, ricordo l’importanza di porre grande attenzione nel cogliere la realtà che ci circonda, per essere segni profetici dispensando ovunque i germi della novità evangelica. Oggi, nel mondo, tra tante schiavitù sociali, i discepoli del Signore sono chiamati ad essere testimoni di speranza, diventando artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa far riprendere il cammino di una esistenza autentica a tanti nostri fratelli e sorelle in difficoltà.
L’esempio dei vostri Santi patroni Pietro e Paolo vi aiuti a non venir mai meno alla vostra missione; vi aiuti a non lasciarvi assorbire dalle preoccupazioni materiali e a non farvi distogliere dalle cose transitorie di questo mondo, ma ridesti in ciascuno l’audacia della genuina testimonianza della fede. Vi sia di sostegno nel vostro programma di vita cristiana la materna intercessione della Vergine Maria. Ella, beata perché ha creduto, stimola ogni credente a mai dimenticare la propria vocazione, che è quella di testimoniare la gioia per vivere con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza.
La Festa dell'Associazione - Cronaca
La scorsa domenica 24 giugno, solennità della natività di San Giovanni Battista, alla presenza di numerosi Soci, Aspiranti ed Allievi, molti dei quali accompagnati da familiari ed amici, si è svolta l’annuale festa dell’Associazione.
La Santa Messa della ricorrenza è stata presieduta, all’altare della Cattedra della Basilica Vaticana, da S.E. Mons. Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia. Tra i concelebranti, oltre all’Assistente Spirituale Mons. Joseph Murphy e al Vice-Assistente Spirituale Mons. Roberto Lucchini, anche altri sacerdoti amici del Sodalizio. Il servizio all’altare, come è consuetudine, è stato prestato dai Soci e dagli Allievi ministranti, mentre i canti e l’accompagnamento musicale sono stati eseguiti dal coro dell’Associazione.
Tra gli ospiti e le autorità presenti, l’Ambasciatore d’Irlanda presso la Santa Sede, S.E. Sig.na Emma Madigan, il Prefetto Dott. Gianfelice Bellesini, Responsabile del collegamento tra il Ministero dell’Interno italiano e le autorità della Santa Sede, accompagnato dalla consorte, e il Commissario della Gendarmeria, Dott. Massimo Roggi, in rappresentanza del Comandante Dott. Domenico Giani.
La giornata di festa è iniziata con la promessa di 32 nuovi Soci, di cui 23 provenienti dagli Aspiranti e 9 provenienti dal Gruppo Allievi. Secondo il rito, il Presidente Calvino Gasparini li ha chiamati singolarmente e, con il Vangelo in mano, hanno pronunciato insieme la promessa solenne.
Nell’omelia, il cui testo è integralmente pubblicato nelle pagine precedenti, l’Arcivescovo si è intrattenuto a lungo nel commento della figura del Precursore e nell’approfondimento delle Letture della giornata (Is 49,1-6, At 13,22- 26 e Lc 1,57-66.80).
In particolare, ha precisato che Giovanni Battista è l’unico Santo, oltre la Madre del Signore, del quale si celebra con la nascita al cielo anche la nascita secondo la carne.
Ha poi voluto consegnare ai presenti un messaggio chiaro: l’importanza della vita fondata sul Cristo, che porta alla testimonianza e alla donazione di sé stessi; ha, quindi, sottolineato le caratteristiche del cuore del discepolo, formulando così un invito spirituale forte a tutti i membri dell’Associazione:
“Come Giovanni prepariamo anche in noi
– un cuore deciso nel realizzare il progetto che Dio ha su di noi,
– un cuore umile, tanto da non considerarci neppur degni di sciogliere i legacci dei calzari di Gesù,
– un cuore fedele fino alla testimonianza coerente e generosa, per vivere il Vangelo con tenacia e convinzione”.
La Festa dell'Associazione - Cronaca
Nella splendida cornice della Cattedra berniniana che è nella Basilica Vaticana, la scorsa domenica 25 giugno, XII del Tempo Ordinario, si è svolta l’annuale festa dell’Associazione. L’Eucaristia della ricorrenza è stata presieduta da S.E. Mons. Giovanni Angelo Becciu, Arcivescovo titolare di Roselle, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. Tra i concelebranti, l’Assistente Spirituale Mons. Joseph Murphy e il Vice-Assistente Spirituale Mons. Roberto Lucchini. Il servizio liturgico, come è consuetudine, è stato prestato dai Soci ministranti e dai ragazzi del Gruppo Allievi, mentre i canti e l’accompagnamento musicale della celebrazione sono stati eseguiti dal coro dell’Associazione.
Tra gli ospiti e le autorità presenti, gli Ambasciatori d’Italia e d’Irlanda presso la Santa Sede, S.E. Daniele Mancini e S.E. Emma Madigan, e il Comandante della Gendarmeria, Dott. Domenico Giani. Molte anche le religiose che operano nelle strutture dove l’Associazione svolge la sua attività assistenziale e caritativa.
Alla presenza di numerosi Soci, Aspiranti ed Allievi, molti dei quali erano accompagnati da familiari ed amici, la cerimonia è iniziata con la promessa di 6 nuovi Soci, tutti provenienti dal Gruppo Allievi. Secondo il rito, dopo l’incensazione dell’altare, il celebrante ha raggiunto la sede, mentre il Presidente Calvino Gasparini ha chiamato singolarmente i nuovi Soci che, con il Vangelo in mano, appena ricevuto dall’Arcivescovo, hanno preso posto davanti all’altare e pronunciato insieme la promessa solenne, l’atto che ha ufficialmente sancito il loro ingresso nel Sodalizio. “Una promessa ufficiale – ha ricordato il celebrante in conclusione della sua omelia – di servizio e testimonianza alla Sede Apostolica e in particolare alla persona del Sommo Pontefice” e, con riferimento alla formula della promessa e con il richiamo ai Patroni Pietro e Paolo e all’intercessione della Virgo fidelis, il prelato ha tenuto a precisare che tale formula “diventa un monito per i nuovi ingressi e per tutti i Soci”. Un monito e un impegno che sono riecheggiati anche nella preghiera dei fedeli allorquando il lettore ha invitato l’assemblea a pregare per i nuovi Soci “perché siano confermati in Cristo, sorgente della vera gioia, e possano sempre rendere una testimonianza esemplare, gioiosa ed attraente di vita cristiana, di fedeltà alla Chiesa e di servizio alla Sede Apostolica”.
Dopo la pronuncia della promessa solenne da parte dei nuovi Soci, la celebrazione è proseguita con i riti di introduzione e le altre parti proprie della Santa Messa. Nell’omelia, il cui testo è integralmente pubblicato nelle pagine precedenti, il presule si è intrattenuto a lungo nel commento e nell’approfondimento delle Letture proprie della giornata (Gr 20,10-13, Rm 5,12-15, Mt 10,26-33), offrendo ai presenti numerosi spunti di riflessione.
Prima di concludere la predica, il celebrante ha voluto esprimere il suo apprezzamento per l’opera che svolge l’Associazione “in favore della Santa Sede, specialmente con il valido servizio quotidiano nella Basilica Vaticana e durante le celebrazioni pontificie”; non ha mancato di ricordare altresì la “testimonianza al Vangelo della carità mediante le diverse attività di solidarietà per i poveri e gli ammalati”. L’Arcivescovo, infine, ha tenuto a sottolineare come “la fedeltà e la disponibilità al Successore di Pietro e la limpida testimonianza cristiana sono aspetti centrali e costitutivi dell’Associazione”, concludendo con la precisa esortazione: “vi incoraggio perciò a garantirne la continuità”.
LA CRONACA DELLA FESTA
La scorsa domenica 26 giugno, XIII del Tempo Ordinario, all’altare della Cattedra della Basilica di San Pietro in Vaticano, si è svolta l’annuale festa dell’Associazione. La solenne celebrazione eucaristica della ricorrenza è stata presieduta dal Cardinale Angelo Comastri, Arciprete della stessa Basilica e Vicario Generale di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano.
Con il porporato, hanno concelebrato, oltre l’Assistente Spirituale Mons. Joseph Murphy e il Vice-Assistente Spirituale Mons. Roberto Lucchini, un folto numero di sacerdoti, giunti in Basilica per la circostanza. Il servizio liturgico è stato assicurato da alcuni Soci e Allievi, mentre i canti e l’accompagnamento musicale sono stati eseguiti dal coro dell’Associazione. Alla presenza di tantissimi Soci, Aspiranti ed Allievi, molti dei quali accompagnati da familiari ed amici, la cerimonia è iniziata con la promessa di 40 nuovi Soci: 33 provenienti dagli Aspiranti e 7 dal Gruppo Allievi. Secondo il rito abituale, il Presidente Calvino Gasparini ha chiamato questi 40 nuovi Soci che, con il Vangelo in mano, hanno preso posto davanti all’altare, di fronte al celebrante, e, coralmente, hanno pronunciato la promessa, l’atto che ufficialmente ne ha sancito l’ammissione in Associazione: “… prometto solennemente, di rendere una particolare testimonianza di vita cristiana, di apostolato e di fedeltà alla Sede Apostolica, e in special modo alla persona e al magistero del Sommo Pontefice ”.
Quelle stesse parole sono riecheggiate anche nel corso della Santa Messa, durante la preghiera dei fedeli, allorquando il lettore ha esortato l’assemblea a pregare: “Per i nuovi Soci, che oggi hanno pronunciato la loro promessa, perché siano fortificati nella loro adesione a Cristo, sorgente della vera gioia, affinché possano sempre rendere una testimonianza esemplare ed attraente di vita cristiana, di fedeltà alla Chiesa e di servizio alla Sede Apostolica”.
Molti gli ospiti e le autorità che hanno voluto assistere alla celebrazione; tra i presenti, il Colonnello Christoph Graf, Comandante della Guardia Svizzera Pontificia, con la famiglia, e il Dott. Costanzo Alessandrini della Gendarmeria, in rappresentanza del Comandante Dott. Domenico Giani.
Numerosa anche la presenza delle religiose che operano nelle strutture dove l’Associazione svolge l’attività assistenziale e caritativa; hanno partecipato alla festa sociale le suore Missionarie della Carità, le Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli e le Francescane dell’Addolorata.
A ricordo della giornata, il Presidente ha regalato al Cardinale Angelo Comastri, a nome di tutti, un artistico bronzo raffigurante la Virgo Fidelis, opera del Socio Giancarlo Miccò, mentre il porporato, da parte sua, ha voluto far dono a tutti i nuovi Soci di una copia della sua pubblicazione “Ecco la tua Mamma” (Edizioni Shalom), un libro piccolo di mole ma denso di contenuto e con un fine ben preciso: quello di far conoscere, di cercare e di ascoltare Maria, per imparare da lei lo stile della fede.
Con riferimento alla data della festa, infine, c’è da segnalare una singolare coincidenza: sono trascorsi esattamente 50 anni (era, infatti il 26 giugno 1966) da quando il Beato Paolo VI volle personalmente decorare la bandiera della Guardia Palatina d’Onore con la medaglia commemorativa del Concilio Vaticano II per i servizi prestati durante le diverse fasi di tale importante ed eccezionale avvenimento ecclesiale. Il conferimento delle medaglia alla bandiera, come ebbe a sottolineare lo stesso Pontefice nel discorso pronunciato per l’occasione, doveva essere inteso come espressione e conferma della sua stima, “in riconoscimento del servizio prestato con tanto affetto e dedizione durante le fasi del Concilio Ecumenico, riaffermando anche davanti ai Vescovi del mondo intero, che esiste un gruppo di anime forti e fedeli, le quali servono, non per altro stipendio, che quello dell’onore e della gioia di dare alla Chiesa il proprio nome, la propria offerta di vivida, alacre diligenza”. Nello stesso discorso il Papa non mancava di manifestare il suo compiacimento, dichiarandosi lieto di poter accogliere il giuramento delle nuove Guardie, definendolo una “autentica professione di fedeltà”.
“Che questo vostro servizio, animato da una fede profonda, sia sempre vivo e fiorente tra voi”
L’omelia che S.E. Mons. Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati, ha pronunciato nel corso della Santa Messa della festa dell’Associazione
Reverendi Monsignori, care Religiose, fratelli e sorelle in Cristo, anzitutto buona festa! Ritorno tra di voi con grande piacere, soprattutto per la profonda gioia spirituale di poter celebrare insieme con voi questa Eucaristia domenicale. Come la Messa è e da il senso della vita di fede di un cattolico, così è il motivo del vostro servizio, quel servizio che è la finalità della vostra Associazione.
La vita liturgica di una comunità è costituita non solo di feste da festeggiare, ma di feste da vivere profondamente, il cui risultato sia la trasmissione di una fede matura ed impegnativa.
Perciò, nel vivere l’odierna festa, veniamo incontro alla Parola di Dio ed al Sacramento, che in realtà significano, pur sotto due forme distinte, la Persona di Cristo.
La figura del Signore tracciata nei Vangeli ci comunica un messaggio di vita e di speranza, che risuona perfettamente con quello del Libro della Sapienza: “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi.” Sarà Gesù stesso a replicare ai Sadducei che “Dio è un Dio dei viventi e non dei morti”. Questa nostra celebrazione odierna è pertanto una gioiosa festa della vita, in cui possiamo ribadire con forza: “Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura.” Così l’autore sapienziale asserisce che il nostro destino è di partecipare alla natura divina, di condividere per grazia il suo essere. Non è poco, ma nell’Antico Testamento tale affermazione rimane incompiuta, quasi un sogno, una comprensibile ambizione di un essere superiore agli animali destinati alla mortalità.
Contemplando i misteri di Gesù Cristo entriamo in un’altra dimensione in cui certe barriere sembrano cadere, certe regole sono messe in discussione. Gesù si muove nel nostro mondo, fa fronte alla nostra realtà, assume la nostra condizione umana in tutto meno il peccato, ma con una visione e con reazioni distinte. Gli ebrei sono molto sensibili a qualsiasi pretesa di blasfemia, ma quando Gesù viene invitato, esortato da uno dei capi della sinagoga, ad imporre le mani sulla sua figlioletta moribonda “perché sia salvata e viva”, l’Evangelista Marco osserva, in modo asciutto, che Gesù “andò con lui.” Che pretesa: Gesù coglie l’invito di andare, di salvare, di dare vita!
Mi pare che la storia della donna con le “perdite di sangue da dodici anni” non sia una semplice aggiunta cronologica, di un giorno qualsiasi nella vita di Gesù di Nazaret, ma piuttosto la chiave per l’interpretazione dell’intero brano evangelico. Anche la donna, come Giàiro prima, si gettò ai piedi di Gesù. Le parole del Maestro dopo la sua guarigione sono più che significative anche per noi: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male.” Direi che questa frase del Signore sia la chiave non solo per l’interpretazione, ma pure perché, sia per Giàiro, sia per la donna, la fede è la chiave, lo strumento di accesso alla grazia salvifica di cui Gesù è l’inesauribile fonte.
Così quando il capo del sinagoga è informato senza nessuna delicatezza della morte della sua amatissima figlia: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”, la risposta di Gesù è piena di umanità e sensibilità paterna: “Non temere, soltanto abbi fede!” E poi, quando entra nella casa per recarsi presso la giovane defunta, il Signore è un po’ severo con la gente: “Perché vi agitate e piangete?”, ma la loro reazione, secondo l’evangelista, non è per niente simpatica: “E lo deridevano”.
Poi Gesù senza indugio resuscita la ragazza con l’autorità che lo distingue: “Fanciulla, io ti dico: alzati!” Ne Gesù, ne Marco offrono alcuna spiegazione perché già è stata data nell’episodio della donna: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”.
Stamani siamo qui riuniti come uomini e donne di fede. Dobbiamo riconoscere che il dono della fede in Gesù Cristo ci apre un immenso orizzonte di vita e una infinità di azioni e d’impegni. Possiamo allora ascoltare con sincero ringraziamento le parole del vostro Santo Patrono Paolo: “Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche quest’opera generosa.”
Un tale spirito ha sempre animato la vostra benemerita Associazione: fede e azione, fede e servizio: “di rendere una particolare testimonianza di vita cristiana, di apostolato e di fedeltà alla Sede Apostolica.”
La preghiera che innalzo in questa santa Messa, a nome anche del Sommo Pontefice e degli altri Superiori dei Dicasteri della Curia Romana, è che questo servizio, animato da una fede profonda, sia sempre vivo e fiorente tra voi per la maggiore gloria di Dio e l’onore dei Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. E così sia.
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