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Periodico dell'Associazione

 

Sezione Culturale - I Convegni

2013 Convegno "Il Dono della Fede"

Non c’è fede senza misericordia: è il convincimento che ha animato l’Associazione Santi Pietro e Paolo nella organizzazione del convegno svoltosi sabato scorso, 12 ottobre, in vista della conclusione dell’Anno della fede. Ai soci del sodalizio, che affonda le sue radici nella Guardia palatina d’onore, si sono uniti anche laici impegnati della diocesi di Roma e religiosi e religiose che svolgono il loro servizio nella Curia romana. Dopo il saluto del presidente Calvino Gasparini, gli interventi sono stati moderati dal responsabile della sezione culturale Eugenio Cecchini. A partire dal passo evangelico «Beati coloro che pur non avendo visto crederanno» (Giovanni 20, 29), e avendo come sfondo l’enciclica di Papa Francesco Lumen fidei, i convegnisti hanno affrontato l’argomento da tre differenti punti di vista: la fede donata, la fede celebafrata e la fede testimoniata. Il primo tema è stato illustrato dal gesuita Joseph Carola, docente della Pontificia Università Gregoriana. Il relatore ha fatto riferimento ai recenti scambi epistolari tra Papa Francesco ed Eugenio Scalfari e tra Benedetto XVI e Piergiorgio Odifreddi per sottolineare come il dialogo tra credenti e non credenti dimostri l’attualità e anche la ragionevolezza della fede cristiana. Però, ha avvertito, la fede è anzitutto un dono di Dio. E proprio perché tale, dev’essere anzitutto accolto e successivamente curato, alimentato. «La fede — ha spiegato — si nutre in modo particolare della Parola di Dio. Dobbiamo meditare quotidianamente, anche se solo brevemente, le Scritture». Perché «senza questa acqua benedetta della Parola, la nostra anima si secca e si rischia di perdere» questo dono inestimabile. Il secondo tema è stato affidato a monsignor Joseph Murphy, assistente spirituale del sodalizio, il quale ha posto in luce come la fede venga «celebrata nella liturgia della Chiesa, particolarmente nei sacramenti», e soprattutto nell’Eucaristia. Perciò, ha commentato, «la celebrazione cristiana non è mai banale o superficiale, non è un tentativo di vaccinarsi contro le difficoltà concrete dell’esistenza che ognuno deve affrontare. È tempo dedicato a Cristo, nel quale lo incontriamo, facciamo memoria del suo mistero pasquale e accogliamo le grazie che egli ci dà, per farci crescere nella carità e testimoniare con gioia la sua presenza nel mondo». Ecco allora, ha aggiunto, che «una maggiore consapevolezza di questa dinamica di amore ci aiuterebbe a vivere sempre più pienamente la messa e a lasciarla fruttificare nella vita quotidiana». Del resto — ha concluso — «il segno più convincente dell’autenticità della nostra partecipazione è la testimonianza di amore che diamo nelle situazioni concrete della vita di ogni giorno. L’Eucaristia non è soltanto un mistero da credere e da celebrare, è anche un mistero da vivere». Il terzo argomento è stato sviluppato dalla giornalista Monica Mondo attraverso una testimonianza personale. «Oggi — ha detto — siamo talmente anestetizzati, distratti dalla ricerca di aggiustarci la vita, che le domande si attenuano, o spariscono, apparentemente; salvo poi porsi con drammaticità davanti ai casi della vita che ci capitano. Si vive una fede da rassegnati, un’adesione superficiale, ridotta a forma, che non è risposta adeguata ai casi» concreti della vita. Invece, ha osservato, «cercare la verità significa accettare di restare inquieti, sapendo che questa inquietudine è necessaria affinché la verità si imponga. Chi ha conosciuto Gesù è stato capace di lasciare tutto per seguirlo; sentitosi leggere nel cuore, nel profondo, si è sentito amato e compiuto». La relatrice ha anche messo in guardia contro il «pericolo di ideologizzare la fede»; un rischio sempre presente nel campo dell’informazione, nel quale spesso «la fede diventa un’ideologia da contrapporre a un’altra ideologia». Approfondendo alcuni aspetti delle tre relazioni, i presenti hanno animato un dibattito da cui è emersa la duplice necessità di vivere il dono della fede, ricevuto e alimentato mediante l’Eucaristia, con una testimonianza sempre più autentica; e di confrontarsi col mondo attraverso una fede sostanziata di misericordia, caratteristica peculiare e irrinunciabile del cristiano. (Fonte Osservatore Romano)

 

 

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